martedì 2 dicembre 2014

Agnes - Peter Stamm

Agnes, Peter Stamm. 2014, BEAT. 155 pagine.

La pausa caffè di una giornata come tante, in un giorno come tanti, prima di incominciare il lavoro, mi ha portata in una libreria che io chiamo “secondo domicilio” e complice un’amica speciale, mi sono ritrovata tra le mani questo piccolo volume. Tutto mi ha colpito. Il violoncello in copertina, i brevi capitoli di cui mi sono accorta dandogli una rapida sfogliata, la patria dell’autore, e il suo nome. Mai letto. Mai sentito. Sconosciuto. E alla fine mi sono resa conto di avere tra le mani una prima possibilità notevole di Peter Stamm.

Del protagonista le informazioni di base, da carta d’identità, ci vengono celate. Di lui sappiamo solo che è uno svizzero e che scrive libri su qualsiasi argomento gli capita; in particolare, una mattina nella biblioteca civica di Chicago, quando si sente attratto da una ragazza seduta di fronte a lui, si sta occupando di un libro su treni di lusso americani.
Ma parlavamo di una ragazza. E in effetti davanti ai suoi occhi si presenta questa giovane donna, Agnes, venticinquenne americana, studentessa di fisica, che è impegnata a scrivere la sua tesi. E’ una universitaria come tutte le altre, forse anche più anonima delle altre. È una ragazza particolare: lavora part-time come assistente all’Istituto di Matematica di Chicago; suona il violoncello e fa parte di un quartetto d’archi tutto femminile, soffre di claustrofobia, detesta gli ascensori e gli appartamenti ai piani alti.

Lo scrittore proprio da questa semplicità e particolarità si sente sedotto: inizia a passare del tempo con lei, discutendo su qualsiasi argomento, politica e scienza in primis, fino a quando l’amore non si accende tra loro. Lo scatto verso una vita insieme è repentino e un giorno Agnes pone una domanda strana e sorprendente al tempo stesso: “non potresti scrivere un racconto su di me?”. E da questo interrogativo tutto precipita.

Sì, perché si sa, i rapporti di coppia sono complicati già normalmente. Se si aggiunge uno scrittore che pianifica preventivamente su carta stampata la vita a due, il legame inizia ad allentarsi. Agnes, leggendo le parole del suo compagno, la sua storia, si sente quasi un personaggio della stessa, costretta dall’obbligo di seguirla nelle minime battute, come se fosse un copione teatrale.
Questo logora il rapporto dei protagonisti. La fragilità, l’insicurezza, la debolezza di Agnes sono l’emblema delle stesse che appartengono a tutti così come veri e disarmanti sono i terrori di lui e il desiderio d’amore misto all’ansia che ogni storia sentimentale porta con sé.

Alla fine, quel racconto lungo, quella partitura teatrale, sarà solo ciò che rimarrà.

Se qualcuno ha letto Ieri di Agotha Kristof, sa cosa intendo quando parlo di stile semplice, di scrittura pacata, essenziale, e nonostante ciò, una scrittura che è come una spada, che taglia e penetra la carne come se fosse originata solo per fare quello. 
Questo è anche lo stile di Peter Stamm; personalmente lo apprezzo molto. Una tecnica limpida, asciutta. Capace di immergere il lettore in una vita di tutti i giorni che potrebbe essere proprio la sua, rendendo possibile quasi una personificazione.
Una trama perfetta. La scelta di un racconto lungo poi è azzeccata per attirare il lettore a scoprire questo nuovo scrittore.

Consigliato a: chi non ha mai amato le storie d’amore a lieto fine o melense; chi è affascinato dalla malinconia e dalla vita semplice, vera, e proprio per questo non sempre felice.

Citazione: “Se adesso vado da Agnes, pensai, è per sempre. E’ difficile da spiegare; sebbene l’amassi e fossi stato felice con lei, solo senza di lei avevo la sensazione di essere libero. E per me la libertà era sempre stata più importante della felicità. Forse era questo che le mie compagne avevano chiamato egoismo.”

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