lunedì 20 aprile 2015

L’uomo di Schrödinger - Giovanni Marchese

L’uomo di Schrödinger, Giovanni Marchese. Verbavolant, 2014. 200 pagine.

Perdita di memoria. Perdita di identità.
La combinazione appena enunciata è la chiave del romanzo di Giovanni Marchese, “L’uomo di Schrödinger”.

Un uomo si risveglia e non ricorda chi è; l'unica cosa che sa è di avere la testa dolorante, che spesso gli provoca perdita di conoscenza.
E gli permette di ricordare: flashback di ciò che è stato, di ciò che era, persone o cose famigliari che in un tempo lontano sa di aver conosciuto e di cui ora non sa più nulla. Oggi indossa abiti che non sono i suoi e l'unica cosa che ritrova nel portafoglio sono i documenti di un asiatico che sicuramente non gli appartengono. Il suo unico scopo dal momento in cui si ritrova in quell'ospedale, sveglio, è capire che cosa gli sia accaduto e soprattutto chi sia e da dove venga. Qual è la sua storia.

La trama è indubbiamente accattivante; un uomo alla ricerca di se stesso. E sullo sfondo un'Italia paradossale, delitti e pornografia, un futuro imperfetto e ricco di complotti e cattiveria. E di extraterrestri. Questo romanzo sembra abbia tutte le carte in regola per poter essere definito quasi un distopico locale.
Tra Poe e Lovecraft, attraverso un Dick spietato, ecco cosa si trova in Giovanni Marchese. Gli incubi lasciano spazio alla realtà, e viceversa, come in un tango di situazioni impossibili ed inverosimili. Come i personaggi attorno ai quali la vicenda scorre: fantasmi, attori porno, sette religiose, bambini con gli occhi di ghiaccio e biondissimi.
Lo stile dello stesso autore non è esagerato ma anzi, ricalca perfettamente ciò che il lettore dovrebbe percepire nel momento in cui si appresta a scoprire cosa ne sarà di quell'uomo senza nome e senza passato: doloroso, angosciante, ma mai ampolloso. Giovanni Marchese fa sentire il lettore parte integrante della storia, costretto quasi a vivere oppresso e senza ricordi con il protagonista del racconto.

La lettura non è sicuramente semplice: genera ansia, è carica di tensione, le atmosfere sono parecchio cupe, come è in realtà lo stesso animo del protagonista. La difficoltà inoltre sta anche nel cercare di capire se ciò che si sta leggendo sia realtà o pura allucinazione proveniente dal protagonista. Sta di fatto che quando si incomincia a conoscere questo uomo di  Schrödinger è difficile rallentare o addirittura terminare la lettura se non prima di arrivare alla drammatica fine.

Consigliato a: chi ama i libri "disturbanti", difficili ma carichi di un'intelligenza quasi "superiore", dove il noir va a braccetto con la fantascienza e per una volta l'Italia resta di spalle, ad osservare.

Citazione: “Conosce il paradosso del gatto di Erwin Schrödinger? Si rinchiude un gatto in una scatola d’acciaio insieme a un marchingegno infernale, che occorre proteggere dalla possibilità d’essere afferrato direttamente dal felino, un aggeggio composto di un contatore Geiger e di una minuscola quantità di plutonio, così poca che nel corso di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo parimenti probabile, nessuno; se l’evento si verifica il contatore lo segnala e aziona il relè di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro che ucciderà il gatto. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un’ora, si direbbe che il gatto è vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La cosa porta ad affermare che il gatto vivo e il gatto morto esistono contemporaneamente. Fino al momento, per lo meno, in cui apriamo la scatola per controllare. Ebbene, lei è come quel gatto. E la sua mente è la scatola”

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