giovedì 1 giugno 2017

L’incredibile storia di Cecilia: vita di una donna di lago vissuta fra l’Ottocento e il Novecento

Ho scoperto il romanzo di Rita grazie a Facebook – come sempre più spesso mi accade … e per fortuna, perché, nonostante i proclami, certe case editrici hanno ben poca visibilità nel mondo libresco. 
Ho avuto il piacere di incontrare l’autrice al SalTo30. Mi sono recato presso lo stand della Edizioni della Goccia e Rita (permettimi il tu) non c’era. È stata prontamente rintracciata e, fortuna mia, oltre alla dedica personalizzata, mi ha “dedicato” anche un po’ del suo tempo: abbiamo piacevolmente chiacchierato di libri in generale e della sua opera in particolare. 

Lei è di Como e vive in Val d’Aosta; io vivo vicino a Milano: ovviamente ha voluto sapere in quale modo ero venuto a conoscenza del suo romanzo (la risposta è nell’incipit di questo articolo).
Poi ha dovuto, più che voluto (quasi ne avesse l’esigenza), spiegarmi la genesi del romanzo: venuta a conoscenza della storia eccezionale della sua bisnonna, non voleva che queste vicende andassero perdute.  Da lì il recupero della memoria storica (sua e dei suoi familiari) e dei documenti nascosti negli archivi comunali. Durante questo incontro è chiaramente emersa la passione che ha mosso Rita per la stesura di questo libro, già alla terza ristampa: edizioni di 300 copie, come ha modestamente precisato l’autrice, ma, con giusto orgoglio, “già 750 copie hanno trovato un compratore …" e subito ha estratto un raccoglitore pieno di recensioni e di corrispondenza nata fra lei e i suoi lettori.
Non voglio scrivere una recensione, ma semplicemente dare parole ai sentimenti, ai pensieri e agli stati d’animo che la lettura del romanzo hanno suscitato in me; se dovessi scrivere la sinossi rischierei di togliervi il piacere della lettura. Però due parole vanno dette. 

È la storia vera di Cecilia, come sopra riportato, la bisnonna della “nostra Rita”, vissuta a cavallo fra l’ottocento e il novecento in riva al lago di Como. Anni non facili, dove i rapporti familiari erano rudi, e con una sorte non proprio favorevole. E qui mi fermo, preferendo dare spazio alle emozioni.  
Malinconia e nostalgia, questi i sentimenti predominanti (e anche tanta commozione, nei momenti più bui della vita di questa stupenda donna).
Malinconia per le vicissitudini che la vita aveva scritto per Cecilia: una grande donna, moglie e madre che, anche nei momenti più difficili – e ne ha avuti molti - ha saputo prendere le redini della sua famiglia e guidarla, sostituendosi al marito assente per il lavoro, pur continuando ad esercitare il ruolo di madre che, se anche oggi è un compito di eccezionale importanza e che richiede un grande impegno, provate a pensarlo all'inizio del secolo breve.
Nostalgia per quegli anni che nell'immaginario collettivo – e mio personale – sicuramente avevano una marcia in più. È vero, la vita era proibitiva per i più poveri, ma i veri valori, quelli per i quali valeva la pena di spendere i propri giorni, dominavano la cultura di quegli anni, erano il “pane” che mancava sulle tavole – infatti si mangiava solo polenta -, erano il collante per la maggior parte delle famiglie, altrimenti costrette a lavorare senza requie solo per sostentarsi. 

Amo i romanzi ambientati al lago e i loro autori (Fogazzaro e Vitali su tutti). I panorami, i piccoli borghi, le storie di provincia che hanno come sfondo uno qualsiasi dei nostri bellissimi laghi italiani, donano alle vicende in esse ambientate un fascino speciale. E tale fascino si estende anche ai loro autori. Per questo, da oggi, Rita Bonfanti entra a buon diritto fra i miei autori “lacustri” preferiti. 

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